Senza troppi giri di parole, il neopresidente degli Stati Uniti, Donal Trump, odia la Cina, ritenendola colpevole del più grande furto della storia del mondo. Le ragioni sono abbastanza semplici da comprendere: tutte le più grandi multinazionali producono in Cina grazie al basso costo della manodopera, portando introiti al Paese anzichè in quello di origine.
Tre le volontà di Trump, c’è l’isolazionismo commerciale, il protezionismo e la lotta contro le multinazionali (Apple inclusa) che producono all’estero ma poi vendono in America.
Ebbene Apple ha dovuto necessariamente valutare l’ipotesi di realizzare gli iPhone interamente in USA dichiarando che non solo aumenterebbero i costi ma verrebbero a mancare anche le competenze e le infrastrutture adeguate.
Apple ha spiegato al Wall Street Journal che in Cina è facile mobilitare decine di migliaia di lavoratori in poche settimane, cosa impossibile in qualsiasi altro Paese. In Asia esiste una catena di approvvigionamento molto forte, dovuta all’esperienza che le fabbriche e le aziende hanno accumulato in anni ed anni di produzioni, competenze che gli Stati Uniti non possono replicare in poco tempo.
Ogni iPhone interamente prodotto in USA costerebbe 90$ in più, composti da 30-40$ per l’assemblaggio e 50$ per i componenti.
Oltre a tutto questo, il problema più grande e del tutto sottovalutato da Trump, è che questo protezionismo alzerebbe dei muri virtuali, porterebbe alla duplicazione dei dazi e controversie che farebbero saltare l’intero equilibrio economico.
La Cina ha già promesso che se Trump dovesse mantenere la parola e negargli la produzione degli iPhone, inizierà una guerra commerciale in cui verranno bloccati anche altri generi di beni e di alimenti che l’America importa dall’oriente. In aggiunta il Paese vieterà la vendita degli iPhone su tutto il territorio.
Per evitare situazioni di panico, Apple ha voluto sottolineare di aver creato due milioni di posti di lavoro in USA: ingegneri, impiegati nei punti vendita, Call Center e corrieri. Apple dà lavoro anche ad 8.000 fornitori negli Stati Uniti e promette di investire ulteriormente nell’occupazione e innovazione del Paese.
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