Ricordate il delitto di Nicoletta Figini, uccisa nella sua casa di Milano a luglio? Ebbene, la chiave dell’omicidio potrebbe essere racchiusa nell’iPhone 5 della vittima, che è però diventato uno scrigno impenetrabile per la giustizia italiana.
Riassumendo il fatto, nella notte tra il 18 ed il 19 luglio dello scorso anno, la cinquantacinquenne milanese fu uccisa nella sua abitazione durante una rapina. La donna fu trovata morta e legata con cavi di computer, tende e lenzuola, con del nastro adesivo alla bocca. A seguito delle varie indagini, finì in carcere Gian Paolo Maisetti (47 anni), socio al 50% della vittima di un negozio di telefonia, per via di una squallida storia di rapporti sessuali tra lui ed una bambina di 13 anni emersa proprio a seguito di un’analisi dei dispositivi elettronici della donna.
Per far luce sull’omocidio, gli investigatori provarono a cercare informazioni nei tre cellulari della vittima, ed è qui che entra in gioco l’iPhone: sebbene negli altri due non è stato trovato niente di utile, nell’iPhone 5 -protetto dal codice di blocco- potrebbe trovarsi la chiave di tutto.
La polizia giudiziaria è stata incaricata di trovare il modo di accedere all’apparecchio che, a differenza dei suoi predecessori, risulta impenetrabile da hacker, software e quant’altro. Per questo motivo, la Procura ha deciso di rivolgersi direttamente ad Apple, la quale si è dichiarata disposta a collaborare, a patto che il dispositivo sia portato in California presso la propria sede, sotto ordine di un giudice.
Il problema è tutto qui, visto che secondo le leggi italiane, tale ordine può essere dato soltanto dal pm e non da un giudice, come invece impone la Costituzione americana. La situazione quindi è al momento bloccata; continuate a seguire le nostre pagine per conoscere i risvolti di questa intricata vicenda.
Via | CorriereDellaSera
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