In App Store esistono circa un milione di applicazioni, molte sono a pagamento e quasi altrettante sono gratuite o freemium. La gente però continua a preferire non spendere alcun soldo per le applicazioni. Perché dobbiamo negarci il piacere di utilizzare applicazioni ottime solo perché costano pochi euro?
Lex Friedman, blogger di MacWorld, ha oggi pubblicato un’interessante analisi riguardo alle applicazioni presenti su App Store e sui condizionamenti che portano un utente medio a scegliere un’applicazione piuttosto che un’altra.
Ovviamente converrete con me che il 99% delle volte, una delle prime cose che siamo abituati a fare è guardare il prezzo: se un’applicazione è gratis (e magari poco conosciuta), ci sentiamo più invogliati a leggere la descrizione e poi eventualmente a scaricarla. Magari la utilizzeremo per 5 minuti e poi non l’apriremo mai più, “ma che importa, tanto è gratis!“.
Poi ci sono quelle applicazioni a pagamento, ma pubblicate da aziende conosciute. Non mi riferisco ad applicazioni “di pubblica utilità”, come potrebbero essere i navigatori satellitari o applicazioni come Pages o iMovie, ma piuttosto ai grandi giochi. Un esempio tra tutti sono quelli di EA piuttosto che di Gameloft: essi (salvo particolari promozioni) sono spesso a pagamento, pur mantenendo dei prezzi davvero contenuti. Essendo aziende conosciute che pubblicano giochi altrettanto conosciuti, un utente sa già cosa aspettarsi e quindi se è davvero interessato acquisterà l’applicazione.
L’ultima grande categoria di applicazioni sono quelle freemium, ovvero quelle applicazioni che consentono un download gratuito, ma con la possibilità di sbloccare varie funzionalità aggiuntive tramite gli acquisti In-App. Ebbene, anche qui un utente fa il ragionamento “ma che importa, tanto è gratis!“, ma l’applicazione in questi casi solitamente viene sfruttata di più. Ad un certo punto l’utente medio si ritroverà a scegliere se pagare la funzionalità o abbandonare l’applicazione: poco più della metà sceglierà di abbandonare l’applicazione o comunque di evitare il pagamento, ma la restante parte sceglierà di pagare con micro-pagamenti le varie funzionalità.
Ora che abbiamo suddiviso in grandi categorie le applicazioni che ci vengono offerte si può iniziare a fare qualche ragionamento. Tutti vogliono le applicazioni, ma se sono gratis ancora meglio. Friedman nella sua analisi fa l’esempio di Twitter: esiste un’applicazione ufficiale del social network, ma ci sono anche applicazioni come Tweetbot o Twitterrific le quali sono a pagamento ma offrono molte funzioni in più. Ebbene, è vero che un utente può avere esigenze completamente diverse da quelle di un altro, ma perché lasciarsi condizionare dal prezzo (veramente irrisorio) di un’applicazione anche se questa potrebbe migliorare davvero la nostra esperienza utente?
Inoltre molte applicazioni gratuite non sono economicamente sostenibili per uno sviluppatore e quindi per poterle mantenere gratuite le strade sono principalmente 2: riempire l’applicazione di pubblicità sacrificando grafica ed esperienza d’uso o abbandonarla dopo pochi aggiornamenti, negando il supporto ai dispositivi successivi.
Anni fa, quando andava ancora di moda il Messenger di Microsoft (del quale non esisteva un’applicazione) e Facebook aveva un’applicazione inutilizzabile per chattare (ancora peggio di come sia adesso, pensate) acquistai BeejiveIM, la quale ora costa €4,99 (ed è ormai superata), ma allora costava ben €12,99. Inoltre BeejiveIM aveva un sistema anti-crack e quindi o la si pagava o non la si utilizzava. Mi dissi quindi “perché devo continuare a dannarmi con applicazioni che non funzionano quando con meno di €13 risolvo ogni problema?“, ebbene quello fu uno dei migliori acquisti effettuati da lì a qualche anno.
Riguardo invece alla categoria freemium non c’è molto da dire, è nata appunto per aumentare gli introiti: Real Racing 3 è freemium, ma se si acquistassero le varie funzionalità, si avrebbe a disposizione una versione del gioco che ci costerà ben più di Real Racing 2, ad esempio.
Qui non si tratta quindi di dire “hai un telefono da €800, quindi 0,89€ per un’applicazione li puoi spendere“, oppure “ho già Twitter che mi fa inviare e leggere i tweet, non spendo soldi per altro“. Ci sono applicazioni che migliorano veramente l’esperienza d’uso, perché lasciarsi condizionare dal prezzo solo perché stiamo parlando di software?
Perché all’utente medio salta in mente anche questo ragionamento: sì ai €40 di gioco per consolle al Game Stop, ma €0,89 per Whatsapp neanche a parlarne. Non stiamo dicendo di acquistare qualsiasi applicazione ci venga in mente buttando i nostri soldi, ma solo di non farci condizionare eccessivamente dai prezzi dal momento che moltissime applicazioni migliorano la vita per meno di €5.
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