Sono passati esattamente 365 giorni da quando Steve Paul Jobs si è arreso al terribile male contro cui combatteva da molto tempo. Della sua morte si è parlato moltissimo (forse anche troppo) idem della sua strabiliante vita. Jobs ha lasciato un’azienda florida e prosperosa, i ben informati dicono anche che abbia lasciato qualche idea/progetto sui device da lanciare nei prossimi anni.
Quello che sicuramente mi sento di affermare è che ha lasciato un vuoto difficilmente colmabile. Il vuoto di cui parlo non è paragonabile a quello che ha lasciato nella vita dei suoi cari, ma sicuramente dalle parti di Cupertino capiranno a cosa mi riferisco. Facciamo un piccolo passo indietro e torniamo con la mente al giorno in cui Jobs lasciò il ruolo di CEO Apple ad uno dei suoi più fidati collaboratori.
Naturalmente mi riferisco a Tim Cook, un dirigente completamente differente dal suo predecessore. Sicuramente avrà i suoi meriti, ma non potrà mai arrivare ai livelli dell’uomo che ha co-fondato la Apple stessa. Premesso che non voglio scrivere un articolo malinconico o da fan boy Apple, ma converrete con me quando dico che da quel 5 Ottobre 2011 la casa di Cupertino ha preso una strada decisamente diversa.
Una strada che stando ai risultati della borsa sembra premiare la nuova dirigenza, ma la domanda che noi tutti ci poniamo è che forse sarebbe giusto chiederci quanto di questo successo è ancora frutto del lavoro di Jobs. Chi vi scrive ritiene che una volta tracciato il solco, la pianta deve solo essere curata, ma bisogna capire se si hanno i giusti strumenti per trattare il tutto nel migliore dei modi.
Di flop sotto il timone di Jobs ne ricordo parecchi, ma ricordo anche tantissimi successi frutto del genio visionario dello stesso, un genio che non riesco a percepire nello sguardo del buon Cook. Forse il nuovo CEO avrà altre qualità, qualità che ritengo possano essere ricercate nella capacità di far crescere gli introiti aziendali, ma Apple è stata fondata anche per altro.
La Apple di Jobs era si guadagno ma anche voglia di stupire, voglia di far sapere al mondo che a Cupertino si producevano (forse meglio dire ideavano) i migliori prodotti al mondo, voglia di presentarsi ai Keynote con la “spocchia” e la presunzione di essere i migliori. In questo campo Steve non aveva rivali, sapeva incantare la gente, anche quando sbagliava (sapendolo) aveva la sfrontatezza di dire al mondo che il telefono andava preso in un certo modo.
Oggi cosa abbiamo? Una lettera di “scuse” per le disastrose mappe di iOS 6. Certo, ricordo che anche prima di Cook qualche mail di circostanza venne spedita, ma forse sarò io ad essere troppo esigente, ma la sensazione che tutto stia cambiando in un modo troppo “diverso” mi rimane. Jobs era istinto, follia e per dirla tutta non era neanche uno stinco di santo, ma certamente era una persona in grado di saper gestire la sua azienda.
Quelli di voi che amano seguire in diretta i Keynote, avranno notato che l’atmosfera ora è decisamente diversa, manca l’effetto “giorno di Natale”, quel magico momento in cui si scarta il regalo e ci si ritrova davanti il giocattolo che aspettavamo da tempo. Steve sapeva accontentare i propri clienti, lo faceva in maniera divina, un modo che difficilmente potrà essere riproposto, ma a quanto sembra neanche ci si vuole provare.
Per il resto Apple macina introiti a non finire, sforna prodotti vincenti uno dopo l’altro, ma a mio modesto modo di vedere inizia anche a mostrare troppi fianchi alle critiche. Il caso più eclatante riguarda l’ultimo iPhone che presenta difetti di rifinitura, un problema a cui ancora nessuno ha dato risposta. Voi pensate che Jobs avrebbe lanciato questo iPhone sul mercato?
Chi ha detto iPhone 4 bianco arrivato dopo 8 mesi? Esatto, proprio così, questo era Steve, questo era l’uomo che sapeva “sbirciare” nel futuro. A 365 giorni di distanza ancora non vedo nessuno in grado di guidare l’azienda con lo stesso carisma. Chiudo con un video che spiega al meglio “l’animale da palcoscenico” Steve Jobs.
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