Fin dalla loro introduzione i brani “Masterizzati per iTunes” hanno suscitato la curiosità degli esperti che, a più riprese, hanno indagato se – ed eventualmente in che misura – ci fossero apprezzabili differenze rispetto alle controparti regolari. Stavolta è il turno di Ars Technica, che dedica all’argomento un lungo ed approfondito articolo. Indovinate il verdetto.
Dell’argomento avevamo già parlato in questo articolo, nel quale sono riportate le conclusioni dell’ingegnere britannico Ian Shepherd: “I brani Masterizzati per iTunes non sono più fedeli al CD originale” di quanto non lo siano i normali file disponibili nello Store della Mela. Una frase che lascia poco spazio a fraintendimenti e, soprattutto, derivante da prove di laboratorio oggettive.
Ars Technica, che con un esteso articolo di tre pagine si cimenta (con la consulenza di professionisti del settore) nell’analisi della novella , ritiene al contrario che sì, la differenza c’è e si sente:
Abbiamo ingaggiato gli ingegneri Jason Ward e Bob Weston di Chicago Mastering Service per aiutarci; entrambi erano in qualche modo scettici nel credere che qualche aggiustamento potesse fornire una migliore esperienza di fruizione dei contenuti iTunes. Abbiamo terminato le sperimentazioni imparando che è assolutamente possibile migliorare la qualità delle tracce iTunes Plus con un po’ di lavoro, che Apple ha migliorato il processo di compressione, con il risultato di un miglior suono, e che i file 24/96 non sono un buon formato per i consumatori.
La modalità di test è stata quella di confrontare varie registrazioni originali a 24bit, con frequenza di campionamento di 96kHz; file WAV non compressi estratti dai CD; tracce iTunes standard e tracce create applicando il processo “Mastered for iTunes” alle registrazioni originali.
In un caso, una traccia “normale” scaricata da iTunes suonava male – attutita e chiusa – se confrontata con il WAV tirato fuori dal Compact Disc. Al contrario, il file “fatto apposta” per iTunes era molto più godibile e vivo, chiaramente su base soggettiva.
È proprio questa la differenza sostanziale tra l’analisi di Ars Technica e quella di Shepherd: la prima, riprendendo il verdetto degli esperti interpellati, afferma come il sentire non sia qualcosa di misurabile oggettivamente e scientificamente. Il sentire, nel suo essere profondo, è qualcosa di intimamente soggettivo, legato ad un mondo che a malapena si conosce.
Appare evidente, a questo punto, l’invalidazione – da un certo punto di vista – delle procedure di analisi adottate dal tecnico britannico: anche il più accurato dei “null test“, infatti, direbbe poco o nulla su come il suono viene percepito dall’orecchio umano. La conclusione di Shepherd, ovvero che i brani “Mastered for iTunes” non sono più fedeli al CD, può quindi essere ritenuta valida da un punto di vista quantitativo, cioè quello misurabile dagli strumenti, ma non dà alcuna informazione utilizzabile nella questione “qualità“.
La verità, per dirla brevemente, è che il sentire è questione di emozioni e, da questo punto di vista, sembra che con un buon lavoro da parte degli ingegneri del suono incaricati di creare le speciali versioni per iTunes, risultati migliori possano essere raggiunti eccome.
Voi che ne pensate? Avete provato qualcuno dei brani “Masterizzati per iTunes”?
Via | MacRumors
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