Apple è certamente l’azienda tecnologica del momento. I suoi prodotti, iconici esemplari di design e funzionalità abbinati ad un dispositivo elettronico hanno cambiato il modo di vedere la tecnologia. Grandi successi come iPhone, iPad, iPod e il nuovo servizio iCloud però hanno basi profonde, progetti nati dalla geniale mente di Steve Jobs e, a volte, anche da qualche flop. Una sorta di “sbagliando si impara”, una lezione che a Cupertino sembrano aver imparato decisamente bene.
Newton
Tutto nasce nel lontano 1993 quando Apple, dopo una serie di rinvii, crea il primo prodotto touch: Il Newton. Steve Jobs era stato messo alla porta e a dirigere l’azienda californiana c’era l’uomo responsabile della sua defenestrazione: John Sculley. Il dispositivo era talmente innovativo che non prevedeva l’uso di una tastiera, ma l’utilizzo di un pennino sul quale si poteva scrivere direttamente a “mano libera” lasciando a questo piccolo gioiellino da 5.2″ il compito di interpretare il testo. Il sistema era talmente poco pratico, lungo, macchinoso e fatto male da meritarsi un clamoroso flop sul mercato, uno spezzone dei Simpson, e le lusinghiere parole di Steve Jobs a riguardo.
Era il 1997, e durante un’intervista al Worldwide Developer Conference, Jobs rivelò quanto poco gli piacesse questo dispositivo.
Ho provato un Newton. Ho preso uno dei primi, ho pensato che non fosse altro che spazzatura e l’ho buttato via. Ho comprato uno degli Envoys di Motorola, ho pensato che non fosse altro che spazzatura e dopo tre mesi l’ho buttato via!
Ecco il mio problema [con questi dispositivi]: Ciò che per me conta di più è la connettività. […] Quello che voglio è un dispositivo che io possa portare dietro con me e che abbia una tastiera – perché per comporre una e-mail si ha bisogno di una tastiera- e che possa connettersi a internet. Quindi, se qualcuno fosse mai in grado di creare un piccolo dispositivo che permetta di essere connessi alla rete in ogni momento e con una piccola tastiera, Dio, mi piacerebbe acquistarne uno! Ma io non ne vedo nessuna di queste cose in giro. E non mi importa quale sistema operativo ci sia installato, io non voglio una cosa che faccia scarabocchi. Ma questo è solo il mio pensiero.
Queste parole, rilette con attenzione nascondono tutte le peculiarità che spinsero poi Steve Jobs, quando degli ingegneri gli mostrarono un primordiale schermo touch screen capacitivo ad “ideare” il primo iPhone. Pensiamoci bene. Quali erano le funzionalità dell’iPhone 2G? Una connessione ad internet, una mail a portata di “dito”, funzionalità telefoniche elementari. Un mix in salsa Apple, dal design originale, certo. Ma in fondo la filosofia era (e per molti versi è ancora) “poche cose ma fatte bene”. E fu così che step dopo step l’iPhone prima e l’iPad poi, presero vita, plasmati in un sistema operativo elementare, che via via andava maturando di pari passo agli step tecnologici che si sono susseguiti, facendo tanti (troppi) compromessi ma seguendo sempre la stella polare della funzionalità.
Mobile Me
Si, certo, definire Mobile Me un flop è ingeneroso. Ma stiamo parlando di Apple e tutto ciò che non diventa immediato successo sembra quasi destinato a diventare prodotto/servizio di serie b.
Lanciato nel 2000 e giunto a maturazione nel luglio 2008 (quando .Mac divenne appunto, MobileMe), il servizio di Web hosting, online storage e data syncing si è via via evoluto e aggiunte come il servizio di Find My iPhone, una bellissima Webmail e la compatibilità con Windows lo hanno certamente reso un prodotto maturo. Tuttavia l’elevato costo da 100 dollari all’anno hanno sempre tenuto la stragrande maggioranza degli utenti lontano da questo servizio. Molti ragazzi che hanno lavorato in un Apple Store sanno perfettamente quanto Apple spingesse i propri dipendenti a vendere questi pacchetti (insieme al celeberrimo Protecnion Plan), e quando fosse difficile “appioppare” Mobile Me alla stragrande maggioranza degli acquirenti.
Con l’introduzione di iOS 5 è nato iCloud, la risposta di Apple alla sempre più preponderante “voglia di nuvola” che ha colpito l’intera utenza mondiale in questi ultimi anni.
Diciamoci la verità. iCloud non è Mobile Me, anzi per certi versi sembra quasi esserne la copia povera e sfigata. Jobs stesso con un laconico “it just works” fece chiaramente intendere che la mela aveva di nuovo puntato tutto sull’usabilità e la funzionalità. Apple non si è fermata ad integrare un Mini-Dropbox per i propri dispositivi (che è la concezione che molti utenti non troppo smanettoni e avvezzi alla tecnologia hanno ancora). Ha fatto di più, e lo ha fatto a mio avviso alla grande. Se avete due o più dispositivi Apple in casa saprete di cosa sto parlando. Con iCloud posso scattare una foto, e quando torno la sera davanti al mio PC me la trovo già lì, sincronizzata, che aspetta di essere visualizzata, modificata, condivisa o stampata direttamente dal mio PC/Mac. E sono sincero, da appassionato di fotografia è la feature di iCloud che più ho apprezzato. Semplicissima ma terribilmente pratica. Con iCloud possiamo fare un backup del nostro dispositivo, possiamo scordarci di dover necessariamente collegare il nostro iPhone ad iTunes (la trovavo/trovo una cosa davvero “poco-Apple style”), possiamo acquistare un’app e vedercela comparire pochi secondi dopo sul nostro iPad. Possiamo ricevere un bel link e aggiungerlo all’elenco lettura in modo da ritrovarcelo sul nostro iPad la sera quando il nostro divano sarà la cornice ideale per poterlo visitare in tutta calma. Non è la fine del mondo. Non ci ha cambiato la vita, però è semplice e dannatamente funzionale.
Ping
Lanciato insieme ad iTunes 10, Ping, è stato presentato in pompa magna, partito alla grande -con un milione di utenti registrati in 48 ore- mirava a diventare il social network “musicale” di riferimento.
Il suo declino, però, è stata tanto veloce quanto la sua ascesa e, infatti, il servizio è caduto nell’oblio più totale. Se escludiamo il buon successo iniziale (dovuto principalmente all’entusiasmo per la novità), Ping è praticamente deserto. Probabilmente le limitate funzionalità di interazione ne hanno limitato anche il successo, tuttavia Ping non è Twitter ed una certa utilità potrà sempre ritrovarla con una migliore integrazione in qualche progetto futuro della società di Cupertino.
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