Andando contro a qualsiasi credenza del “Designed in California, Assembled in China”, secondo alcuni analisti, l’iPhone, nonostante venga costruito in Cina, è da ritenersi un prodotto costruito sul suolo americano!
Gli Stati Uniti stanno vivendo anche loro il duro periodo della recessione economica. Risalgono infatti a qualche mese fa i dati sulla disoccupazione attorno al 8,6% e con circa 9 milioni di americani che hanno perso il posto di lavoro durante la recessione del 2008-2009.
Nella corsa alle primarie repubblicane una delle domande che sono state poste è stata su quali fossero le motivazioni che spingono certe grandi aziende del paese, le quali costruiscono prodotti icona della tecnologia, ad affidare i propri lavori in Cina quando il problema della disoccupazione nazionale è rilevante. Una specie di “perché non dare lavoro ai propri connazionali piuttosto che affidarlo ad altri stati?”
La spinta di base che portano le società americane all’outsourcing di certe attività nella superproduttiva Cina, è sicuramente il profitto. Bene, tra queste società, Apple è sicuramente presente ed in questi anni si è fatta quasi vanto del suo motto “Designed in California. Assembled in China” volendo ben specificare l’origine della proprietà intellettuale discostandola da quella manifatturiera.
La rivista Forbes ha recentemente pubblicato un articolo nel quale sostiene che nonstante la multinazionale Foxconn continui ad impiegare migliaia di lavortori cinesi per costruire l’iPhone, la maggior parte dei costi della manodopera per fare un iPhone ricadono sul territorio americano e che solo circa 10$ a dispositivo serve per pagare la manodopera straniera.
Il rapporto di Forbes è stato redatto da tre professori americani che hanno dimostrato appunto che è di circa 10$ dollari o meno, la quota dei salari della manodopera diretta conteggiabile ad un lavoratore cinese per la produzione di un iPhone o iPad. Il rapporto continua sostenendo che anche se i prodotti di Cupertino, compresi i componenti, sono fabbricati in Cina, il vantaggio principale è imputabile all’economia americana. La motivazione risiede proprio nel mantenere la maggior parte dei suoi design di prodotto, sviluppo software, product managment, marketing e altre funzioni, con salari elevati proprio negli Stati Uniti. Il ruolo della Cina è praticamente quello di un assemblatore.
Certo, sicuramente non è stata scoperta l’acqua calda e l’articolo di cultofmac è critico nei confronti delle considerazioni effettuate da Forbes, sottolineando, giustamente, che sono affidati al mercato estero quei lavori di bassa manovalanza mentre quelli altamente retribuiti rimangono in America. Pare dunque logico che paragonando tra loro due salari di paesi completamente diversi e con tenori di vita differenti, l’America abbia la fetta maggiore di spesa in salari imputabili ad un dispositivo.
Non sono inoltre celate le condizioni di lavoro degli operai cinesi che vedono Foxconn al centro di inchieste sulle condizioni lavorative. Apple stessa viene criticata in qualità di cliente di queste multinazionali e Tim Cook ha dovuto pubblicare di recente un documento sulla qualità del posto di lavoro delle migliaia di aziende collegate ad Apple promettendo una intensa campagna di controllo su tutta la filiera produttiva.
Nello sperare vivamente che ciò accada, l’articolo conclude su come Apple impieghi migliaia di persone che “fanno” l’iPhone: dall’amministrattore delegato Tim Cook al team pubblicitario, da Jony Ive al sorridente ragazzo del Genius Bar tutti contribuiscono. Solo che gli unici lavori che vengono inviati all’estero sono quelli che nessuno vuole fare o che si preferisce affidare ad altri in vista di un notevole profitto.
Via | cultofmac
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