Dal giorno della sua morte Steve Jobs ha diviso i media, c’è chi lo definisce un santo, l’uomo che ha inventato il futuro e chi invece un tiranno, un maniaco del dettaglio e della perfezione in senso però maniacale e negativo.
La recente pubblicazione della sua biografia, scritta dal giornalista Walter Isaacson, ha messo in luce lati del carattere di Jobs fino ad ora sconosciuti. C’è chi lo definiva il nuovo Leonardo da Vinci, chi un Guru e chi un semplice genio. Ma per trovare la prima pecora nera non ci è voluto molto, il giorno successivo a quel 5 ottobre, Gawker, uno dei blog più famosi d’ America pubblica un articolo intitolato “Steve Jobs non era Dio”.
Dopo la pubblicazione di una serie di articoli del magazine britannico The Week, che parlano in modo malevolo del CEO di Apple e la messa in vendita del libro, iniziano a circolare le prime indiscrezioni che fanno storcere il naso a molte persone, la gente che prima lo stimava inizia a definirlo un “avido amministratore delegato”, un “tiranno” e un “sociopatico”. Tutto questo scalpore è nato grazie alla pubblicazione di particolari sulla sua vita, sui suoi metodi di lavoro e in parte grazie ai rapporti che instaurava con i suoi dipendenti.
Per lo scrittore, giornalista ed ex direttore del New York Magazine, Kurt Andersen, la velocità con cui “Steve il santo” è divenuto “Steve il peccatore” è una conseguenza della velocità della comunicazione dei giorni nostri, divenuta rapidissima grazie a potenti mezzi, quali internet, social network, radio e televisioni.
Via | TM News
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