Continua la lotta da parte di Apple per avere il “possesso” esclusivo della parola App Store. Oggi è il turno di Amahi, un’azienda che fornisce un servizio di streaming multimediale, usufruibile su diverse piattaforme, tra cui anche l’iPhone. Il problema sorge a causa dell’esistenza di uno store, di proprietà della società, attraverso il quale è possibile scaricare diversi add-on, per migliorare l’esperienza di streaming. Indovinate? Lo store si chiama App Store.
La Apple ha inviato una lettere di diffida per Amahi, poichè, a detta degli avvocati, anche essendo mostrata poche volte nel loro sito, la parola “app store”, può confondere i consumatori facendo pensare che l’azienda è in qualche modo collegata con lo store della casa di Cupertino, e perciò autorizzata dagli stessi.
Amahi ribatte affermando di essere solo un piccolo bersaglio, visto che il loro intento non è lo sviluppo di cellulari, ma quello di creare un servizio multipiattaforma. Secondo l’azienda dunque, la causa sarebbe solo un pretesto per far valere la voce di una grande società contro una piccola. La tesi è ulteriormente avvalorata dal fatto che all’epoca della querelle contro Microsoft gli sforzi della Apple, per assicurare la parola “AppStore”, erano stati diversi.
Un portavoce di Amahi ha poi aggiunto che il temine è troppo generico per essere di esclusivo utilizzo “può qualcuno prendere i diritti della parola negozio di scarpe (shoe store)?”
Non sappiamo come andrà a finire questa causa, ma siamo venuti a conoscenza che Amahi ha iniziato un contest per arrivare alla scelta di un nome alternativo al loro store; in premio ci saranno o un computer o un’anno di premium account per colui che sarà scelto come vincitore
Via| macnn
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