Sam Altman, amministratore delegato di OpenAI, ha recentemente pubblicato un post sul suo blog personale in cui illustra il futuro dell’Intelligenza Artificiale Generale (AGI). La sua previsione è audace: entro il 2035, ogni individuo potrebbe disporre di un’intelligenza pari a quella collettiva dell’intera popolazione mondiale attuale.
Si tratta di un’affermazione di grande impatto che, al di là dell’entusiasmo, riflette la visione di una delle aziende leader nel settore dell’AI. Ma cosa significa concretamente questa previsione? Quali implicazioni avrebbe uno scenario del genere a livello economico, sociale e politico?
Altman sottolinea che i sistemi di AI si stanno rapidamente avvicinando a una soglia in cui le loro capacità saranno paragonabili, se non superiori, a quelle umane in numerosi settori. Secondo il CEO di OpenAI, questa evoluzione segue tre principi economici fondamentali che permettono di comprendere il rapido progresso della tecnologia.
Il primo riguarda la relazione tra risorse e intelligenza: aumentando le risorse computazionali, la quantità di dati e la potenza di calcolo, si ottiene un incremento prevedibile dell’intelligenza dei modelli. Tuttavia, questa crescita segue una curva logaritmica, il che significa che per ottenere miglioramenti sempre più significativi sono necessarie risorse in quantità crescente. Secondo Altman, grazie a questa relazione matematica è possibile prevedere con precisione quanto l’intelligenza artificiale possa migliorare in base agli investimenti effettuati.
Il secondo principio riguarda il costo dell’utilizzo dell’AI, che diminuisce drasticamente nel tempo. Altman fa l’esempio dei costi dei token di GPT-4 all’inizio del 2023 rispetto a quelli di GPT-4 a metà del 2024, evidenziando una riduzione di 150 volte. Questo trend suggerisce che l’AI diventerà sempre più accessibile e diffusa.
Infine, il terzo principio afferma che un aumento dell’intelligenza porta a un incremento “super-esponenziale” del valore socioeconomico. In altre parole, ogni piccolo progresso nella potenza dell’AI può generare un impatto economico significativo.
Altman prevede che l’adozione su larga scala degli agenti AI cambierà profondamente il mondo del lavoro. Tra i settori che risentiranno maggiormente di questa evoluzione ci sarà quello dello sviluppo software, con agenti in grado di programmare in modo autonomo o con una supervisione minima. Se milioni di questi agenti entreranno in funzione, il loro impatto economico potrebbe essere paragonabile a quello dell’introduzione dei transistor nel secolo scorso.
La diffusione dell’AI non sarà però esente da sfide. OpenAI ritiene che i governi debbano adottare politiche pubbliche adeguate per gestire la transizione e garantire che i benefici dell’intelligenza artificiale siano distribuiti equamente.
Altman ha sollevato un aspetto cruciale riguardante la governance dell’AGI. OpenAI sostiene la necessità di dare maggiore controllo agli utenti finali, in un equilibrio tra sicurezza e autonomia. Tuttavia, esiste il rischio che l’AI possa essere utilizzata da regimi autoritari per esercitare un maggiore controllo sociale.
Altman critica apertamente il quadro normativo europeo sull’AI, sottolineando che l’AI Act potrebbe ostacolare lo sviluppo della tecnologia in Europa, impedendole di competere con gli Stati Uniti e la Cina. Il dibattito sulla regolamentazione dell’AI è più acceso che mai e la posizione di Altman evidenzia le tensioni tra le esigenze di sicurezza e quelle legate all’innovazione.
La visione di Altman per il 2035 è estremamente ambiziosa: immagina un mondo in cui ogni persona avrà accesso a un livello di intelligenza pari a quello combinato dell’intera umanità. Ciò potrebbe tradursi in un’accelerazione senza precedenti della creatività e del progresso scientifico, con conseguenze difficili da prevedere.
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