Apple si trova ancora una volta a difendersi in tribunale, questa volta nel Regno Unito, dove è in corso una class action per abuso di posizione dominante. Al centro del dibattito ci sono le commissioni imposte dall’App Store agli sviluppatori e ai consumatori, che secondo l’accusa sarebbero eccessive e mantenute artificialmente alte grazie ad un controllo monopolistico della piattaforma.
Le due cause, una intentata dagli sviluppatori e l’altra dai consumatori, sostengono che Apple obblighi le app a passare esclusivamente dall’App Store per la distribuzione e che questo abbia permesso all’azienda di Cupertino di fissare commissioni sproporzionate rispetto a quelle di altre piattaforme digitali. L’accusa evidenzia come l’Unione Europea e gli Stati Uniti abbiano già preso provvedimenti per ridimensionare il potere dell’App Store, mentre nel Regno Unito la situazione è rimasta invariata.
Margini nascosti? Il vero guadagno dell’App Store
Uno degli aspetti più discussi in tribunale riguarda i margini di profitto effettivi dell’App Store. Analisi indipendenti stimano che il margine di profitto della piattaforma sia tra il 75% e il 78%, una cifra molto superiore rispetto ai margini ottenuti da Apple con i suoi altri prodotti, che si aggira intorno al 37%.
Durante il processo con Epic Games del 2019, un esperto aveva già calcolato un margine del 78% per l’App Store, mentre nel caso britannico un nuovo testimone ha confermato una percentuale superiore al 75%. Se questi numeri fossero confermati, si rafforzerebbe l’ipotesi che Apple abbia sfruttato la sua posizione dominante per ottenere profitti ben superiori alla norma, un comportamento che potrebbe rientrare nei parametri di un abuso di mercato.
Apple, però, nega di conoscere i profitti effettivi dell’App Store, affermando che i ricavi dei suoi servizi non vengono suddivisi per categorie e che isolare i margini per singoli prodotti è complesso e in ogni caso risulterebbe impreciso.
La difesa di Apple in tribunale
Kevan Parekh, nuovo Chief Financial Officer di Apple, ha testimoniato difendendo la posizione dell’azienda. Secondo Parekh, le stime fornite dall’accusa non sarebbero accurate e il calcolo effettivo dei costi indiretti di App Store sarebbe molto più complesso di quanto riportato dai testimoni.
La questione è tutt’altro che chiusa. Se il tribunale britannico dovesse riconoscere che Apple ha effettivamente abusato della sua posizione dominante, potrebbero arrivare nuove regolamentazioni per limitare il potere dell’App Store, sulla scia di quanto già avvenuto in altre parti del mondo.
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