Di recente, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha chiesto al giudice federale Amit Mehta di imporre ad Alphabet, la società madre di Google, la vendita del browser Chrome. Questa richiesta rappresenta una mossa senza precedenti nella lotta al monopolio tecnologico e potrebbe avere ripercussioni significative sul settore digitale.
La decisione è giunta a seguito della sentenza emessa lo scorso agosto, con cui il giudice Mehta ha stabilito che Google ha violato le leggi antitrust consolidando la sua posizione dominante nel mercato dei motori di ricerca. Secondo il giudice, l’azienda ha sfruttato il suo potere di mercato per impedire l’innovazione e limitare gli investimenti da parte dei concorrenti, mantenendo così la propria posizione di leader.
Il Dipartimento di Giustizia ha valutato due opzioni per limitare l’influenza di Google: rimedi comportamentali, volti a monitorare le sue pratiche aziendali, e rimedi strutturali, che implicherebbero la cessione di asset strategici come Chrome. Secondo quanto riportato da Bloomberg, il Dipartimento prevede anche misure per ridurre il controllo di Google sull’intelligenza artificiale e sul sistema operativo Android, al fine di garantire un mercato più competitivo e trasparente.
La vendita di Chrome potrebbe colpire duramente il modello di business di Google. Chrome detiene oltre il 60% del mercato dei browser negli Stati Uniti e consente all’azienda di raccogliere preziosi dati sugli utenti e promuovere i propri prodotti. La perdita di questa risorsa comporterebbe una significativa riduzione del vantaggio competitivo dell’azienda.
È stata fissata un’udienza di due settimane per aprile 2025, con una sentenza finale attesa per agosto 2025. Tra le soluzioni in esame vi è anche la possibile separazione di Android dai servizi principali di Google, al fine di garantire una concorrenza più equilibrata nel mercato degli smartphone.
L’obiettivo principale delle proposte è quello di facilitare l’accesso ai dati e ai risultati di ricerca da parte di terze parti, favorendo così startup e competitor più piccoli.
Tuttavia, questa strategia ha sollevato dubbi e resistenze, soprattutto riguardo all’integrazione dell’intelligenza artificiale nei risultati di ricerca di Google e alla sua incidenza sui ricavi pubblicitari degli editori online.
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