Nel giorno del quindicesimo anniversario della commercializzazione del primo iPhone, Joanna Stern del The Wall Street Journal ha pubblicato un documentario relativo all’evoluzione dello smartphone. Particolarmente interessanti sono le interviste a Greg Joswiak – capo del marketing di Apple – e a Tony Fadell, co-creatore dell’iPhone.
Durante la “chiacchierata” si è parlato anche del fatto che gli smartphone Android abbiano adottato display più ampi ben prima degli iPhone. A tal proposito, Joswiak non ha utilizzato mezzi termini e ha dichiarato che Samsung in passato ha “rubato” le innovazioni made-in-Cupertino e che ha realizzato brutte copie degli iPhone.
Erano fastidiosi. Erano fastidiosi perché, come saprai, hanno rubato la nostra tecnologia. Hanno preso le nostre innovazioni, ne hanno creato una brutta copia e gli hanno semplicemente messo uno schermo più grande. Quindi sì, non eravamo poi così entusiasti.
Samsung ha lanciato il Galaxy S4 con display da 5 pollici nel 2013, e in quel periodo Apple era sul mercato con iPhone 5 e il suo display da 4 pollici. Per un pannello più grande è stato necessario attendere il 2014, con iPhone 6 (4,7″) e iPhone 6 Plus (5.5″). Due dispositivi di enorme successo, forse proprio per l’inedito design.
Apple ha fatto causa a Samsung nel 2011 per violazione di brevetto, poi nel 2018 l’accordo tra le parti e il seguente comunicato da parte del colosso californiano:
Crediamo fortemente nel valore del design, e i nostri team lavorano instancabilmente per creare prodotti innovativi che possano piacere ai nostri utenti. Questa causa non riguardava solo una questione economica. Apple ha dato il via alla rivoluzione dello smartphone con iPhone ed è un dato di fatto che Samsung abbia palesemente copiato il nostro design. È importante per noi continuare a difendere il duro lavoro e le innovazioni di tutti coloro che lavorano in Apple.
Siamo grati alla giuria per il loro servizio e siamo contenti che siano d’accordo sul fatto che Samsung debba pagare per aver copiato i nostri prodotti.
Potete guardare l’intero documentario sul sito del WSJ.
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