Per portare Prime Video sull’App Store, Apple ha offerto ad Amazon un modello di compartecipazione a tariffa ridotta, una mossa che sembra contraddire le affermazioni di Tim Cook, secondo cui la società tratta allo stesso modo tutte le app e gli sviluppatori.
Nel 2016, il capo dei servizi Apple Eddy Cue ha offerto ad Amazon un accordo grazie al quale la società avrebbe pagato solamente il 15% dei ricavi generati dai nuovi abbonati che si sono registrati a Prime Video attraverso un acquisto in-app. In genere, Apple trattiene il 30% delle entrate generate attraverso un abbonamento in-app nel primo anno ed il 15% dal secondo anno in poi.
Oltre ad una riduzione del 15% degli abbonamenti, il colosso di Cupertino ha accettato di supportare l’integrazione con Siri e l’allora nuova app TV per iOS, oltre ad incorporare i metadati di Prime Video per le ricerche Siri e Spotlight. Come parte dell’accordo, Apple impiegherebbe il 15% degli abbonamenti elaborati in-app per “aumentare” i servizi di streaming come Showtime, come recita l’e-mail.
Oltre a una riduzione del 15% degli abbonamenti, Apple ha accettato di supportare l’integrazione con Siri e l’allora nuova app TV per iOS, oltre a incorporare i metadati Prime Video per le ricerche Siri e Spotlight.
La proposta, è stata usata come prova durante l’udienza di ieri dal comitato giudiziario della Camera degli Stati Uniti.
L’accordo finale non è mai stato reso pubblico e non è noto se i termini siano cambiati da quando Cue e Bezos si sono scambiati delle email. Tuttavia, si presume che Amazon abbia approfittato dell’offerta, poiché la società ha sia rilasciato l’app Prime Video su tvOS che riportato alcuni modelli di Apple TV su Amazon.
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