I funzionari dell’FBI sono riusciti in qualche modo a sbloccare almeno uno dei due iPhone protetti da passcode di proprietà di Mohammed Saeed Alshamrani, l’autore di una sparatoria presso una stazione navale in Florida lo scorso dicembre.
Apple ha fornito all’FBI i dati iCloud appartenenti ad Alshamrani, ma si è rifiutata di aiutare gli investigatori a ottenere l’accesso agli iPhone. In una dichiarazione all’inizio di quest’anno, la società ha affermato che anche se era “devastata nell’apprendere il tragico attacco terroristico” presso la Stazione aerea navale, la creazione di una backdoor in iOS avrebbe rappresentato una minaccia per la sicurezza nazionale.
Abbiamo sempre sostenuto che non esiste una backdoor solo per le forze dell’ordine. Le backdoor possono anche essere sfruttate da coloro che minacciano la nostra sicurezza nazionale e la sicurezza dei dati dei nostri clienti. Oggi, le forze dell’ordine hanno accesso a più dati che mai nella storia, quindi gli americani non devono scegliere tra indebolire la crittografia e risolvere le indagini. Riteniamo che la crittografia sia essenziale per proteggere il nostro Paese e i dati dei nostri utenti.
Secondo il New York Times, Alshamrani possedeva un iPhone 7 e un iPhone 5.
Apple ha affrontato una situazione simile nel 2016, quando un giudice federale statunitense ha ordinato alla società di aiutare l’FBI a sbloccare un iPhone di proprietà di Syed Farook, uno dei killer negli attacchi del dicembre 2015 a San Bernardino, in California. Apple si è opposta all’ordine, dichiarando che avrebbe creato un “precedente pericoloso“. In quel caso, anche l’FBI ha trovato un modo per accedere all’iPhone, sebbene il metodo non sia mai stato reso pubblico.
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