Premiato con il Stephen Hawking Fellowship Award ad inizio anno, Jony Ive ha tenuto un interessante discorso all’Università di Cambridge. Il progettista britannico ha condiviso diversi pensieri, molti dei quali relativi alla creatività.
Come riportato dal The Independent, il discorso di Ive è stato “intellettualmente ricco ma comunque accessibile, denso di idee ed affascinante”.
Si parte dalla nascita del primo iPhone e la concettualizzazione di App Store.
Era un progetto che descrivemmo come multi-touch. Alcuni di voi ricorderanno la prima volta che hanno interagito con l’interfaccia. E “multi-touch” descrive l’abilità di toccare in modo diretto e interagire con i tuoi contenuti, per usare il pinch-to-zoom su un’immagine o consultare una lista con le tue dita.
La cosa più importante è che il multi-touch ha definito un’opportunità di creare applicazioni con un’interfaccia unica e specifica. Quindi, l’essere non generico, ma specifico, descrive intrinsecamente la funzione dell’applicazione. Giungemmo al pensiero che avremmo potuto creare applicazioni coinvolgenti e semplici da utilizzare. E quindi, quando è diventato evidente il potenziale di una vasta gamma di applicazioni, così è stato anche per l’idea di un app store.
E pensare che Apple aveva quasi abbandonato l’idea…
In realtà, la tecnologia di supporto ha richiesto anni per sposarsi con le idee. E devo ammettere che le idee portarono con sé problemi e sfide, e nel processo, siamo stati vicini ad arrenderci in più di un’occasione.
L’Ive pensiero sulla creatività e sulla natura delle idee:
Passo il mio tempo in Apple in quell’intersezione tra arte e tecnologia. Credo che, quasi per definizione, le idee siano fragili. Se fossero risolute e forti, non sarebbero più idee, sarebbero prodotti da vendere, un album completo, un palazzo già edificato. Non so davvero perché, ma credo di aver sempre provato un enorme piacere quando i pensieri più incerti, provenienti spesso dalla voce più silenziosa, si trasformano in prodotti rilevanti e notevoli.
Il modo quasi assurdo di Jony Ive di lavorare:
Esiste un conflitto di base tra due diverse scuole di pensiero. È il conflitto tra la curiosità e l’attenzione e la determinazione necessarie per risolvere i problemi. […] Onestamente, non credo esistano due scuole di pensiero, due modi diversi di essere, che siano più antitetici. Da un lato ci si pone sempre domande, si amano le sorprese, si è consumati dalla curiosità, dall’altro bisogna essere assolutamente concentrati per risolvere problemi apparentemente insormontabili.
Vedi, quando sei irragionevole e risoluto, devi risolvere problemi ostici. Ma risolvere questi problemi richiede nuove idee. E quindi, ritorniamo alla necessità di nuove idee e ad essere curiosi e di mente aperta. Ho scoperto che ciò mi accade una o due volte al giorno, e la frequenza dello scambio tra due modi di pensare e di vedere le cose così diversi mette davvero a dura prova.
Interessante la prospettiva di Ive su come noi percepiamo i problemi relativi alla tecnologia:
È interessante il modo in cui battagliamo con la tecnologia, riteniamo che il problema siamo noi. Se assaggiamo qualcosa che ha un sapore terribile, non pensiamo che il problema dipenda da noi.
E lo stesso Ive pensava, inizialmente, di essere “tecnologicamente inetto”, ma il pensiero è stato accantonato dopo aver utilizzate un Mac.
Con il Mac, nel 1988, credo di aver imparato due cose. La prima, è che potevo effettivamente utilizzarlo. Amavo usarlo, ed è diventato un potente strumento che mi ha aiutato a creare. La seconda cosa, è che ho capito che quello che crei rappresenta chi sei.
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