Un iPhone bloccato resta tale a meno che non si inserisca il codice di sblocco, una situazione che nemmeno Apple può aggirare. Parlando dei dati memorizzati sui dispositivi iOS e di privacy, le richieste dei governi per accedere alle informazioni iCloud degli utenti sono davvero tantissime. L’azienda ha infatti ricevuto 3,358 richieste, alcune delle quali accettate, nella seconda metà del 2017, con la maggior parte provenienti dagli Stati Uniti d’America.
Ma diversamente da quanto si possa pensare, solo una piccola percentuale delle richieste riguardano persone probabilmente coinvolte in un crimine. «Le circostanze delle richieste dei governi possono variare da casi in cui le forze dell’ordine lavorano su richieste di utenti che hanno smarrito il proprio dispositivo (o che sono stati derubati), a casi in cui le forze dell’ordine indagano quando i clienti credono che le loro carte di credito siano state utilizzate in modo fraudolento per acquistare prodotti o servizi Apple, a casi in cui un account è sospettato di essere stato utilizzato in modo illegale», ha spiegato l’azienda nel suo ultimo rapporto sulla trasparenza. «Le richieste possono anche riguardare la protezione, l’accesso limitato o la cancellazione di un account Apple. In aggiunta, le richieste possono essere relative a situazioni d’emergenza, dove è in pericolo la salute di una persona».
Ma le richieste possono arrivare anche da singoli. «Le situazioni in cui le richieste arrivano da privati riguardano solitamente casi in cui querelanti privati sono coinvolti in una causa civile o penale».
La maggior parte dei casi riguarda dispositivi iOS rubati o smarriti. Per quanto riguarda invece gli iPhone coinvolti in indagini la questione si fa più delicata, con gli enti governativi (come l’FBI) che chiedono a gran voce l’inserimento di backdoor nel sistema operativo per accedere ad informazioni potenzialmente utili memorizzate sugli iPhone di criminali deceduti, come nel caso del terrorista autore della strage di San Bernardino.
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