Facebook ormai controlla le nostre vite: il social network dispone di una quantità tale di nostri dati privati e personali che quando iniziamo realmente a riflettere su questo argomento non possiamo fare altro che spaventarci. In questi giorni si sente spesso parlare di Cambridge Analytica, un’azienda fondata nel 2013 da un imprenditore miliardario americano con idee molto conservatrici.
Cambridge Analytica è specializzata nel raccogliere un’enorme quantità di dati sugli utenti direttamente dai social network: quanti mi piace mettono e su quali post, dove lasciano il maggior numero di commenti, i luoghi dai quali condividono i contenuti e così via. Queste informazioni, insieme alle app utilizzate tramite i login dei social e tutti i dati che possono essere letti dalle stesse, vengono poi elaborati creando un vero e proprio profilo psicologico di ognuno di noi.
L’approccio è quello della psicometria, il campo della psicologia che si occupa di misurare abilità, comportamenti e più in generale le caratteristiche della personalità degli individui. Nel 2014, Aleksandr Kogan realizzò un’applicazione chiamata “Thisisyourdigitallife” (Questa è la tua vita digitale), un’app che prometteva di produrre profili psicologici e di previsione del comportamento basandosi sulle attività svolte online. Furono 270 mila le persone ad iscriversi all’applicazione tramite login di Facebook, dando il consenso ad utilizzare una serie di informazioni personali. Nel 2014 inoltre, Facebook non solo diffondeva i dati personali ma permetteva alle app di leggere anche la lista degli amici, senza che loro lo sapessero, quindi la rete di collegamenti si è infittita esponenzialmente.
I problemi sono nati quando Kogan ha condiviso tutte queste informazioni con Cambridge Analytica, violando i termini d’uso di Facebook. Il social network infatti, vieta ai proprietari di app di condividere i dati con società di terze parti. La pena è la sospensione dell’account che però nel caso di Cambridge Analytica è arrivata molto tardivamente. Secondo i ben informati, Facebook era a conoscenza di questa pratica scorretta da 2 anni, ma è intervenuta soltanto il 16 Marzo di quest’anno con la sospensione dell’account.
Facebook ha poi cercato di insabbiare tutto, facendo enormi pressioni sui giornalisti del Guardian affinchè non pubblicassero questa notizia e non definissero il problema che consentì a Kogan e Cambridge Analytica di raccogliere i dati come una falla del sistema.
Prima di andare oltre, ricapitoliamo quanto detto fin ora:
- C’è un’azienda che raccoglie dati personali per creare profili psicologici degli utenti da utilizzare in campagne di marketing super mirate
- L’azienda viene sospesa da Facebook con l’accusa di aver ottenuto ed utilizzato dati sul social network che però non gli appartenevano
- Il Guardian ed il New York Times vogliono fare luce sulla vicenda, accusando Facebook di aver reso possibile la raccolta dei dati, seppur non attivamente, e di aver poi sottovalutato e cercato di nascondere la cosa
Tutto questo diventa più grave quando il 16 Marzo il procuratore Robert Mueller ha iniziato ad indagare sulle presunte interferenze della Russia nelle elezioni statunitensi e sull’eventuale coinvolgimento di Trump. Il comitato di Trump infatti, nell’estate del 2016 affidò a Cambridge Analytica la gestione della raccolta dati per la campagna elettorale. Furono utilizzati una grande quantità di account fasulli gestiti automaticamente da bot per diffondere post e notizie fasulle contro Hillary Clinton, che vennero mostrati in maniera mirata alle persone più influenzabili o comunque quelle che avrebbero dovuto cambiare idea sul voto. Grazie a tutto questo, le sorti delle elezioni sono state ricalibrate fino a tendere maggiormente verso Trump. C’è chi sostiene che anche la Brexit abbia avuto successo per questo motivo ed anche in questo caso figurava la Cambridge Analytica.
Insomma tutto questo per spiegarvi il motivo per il quale su Twitter non si parla d’altro che di #DeleteFacebook, l’hashtag che invita tutti gli utenti a cancellarsi definitivamente dal social network.
Come notato da The Verge, dopo aver speso 16 miliardi di dollari per l’acquisizione di Whatsapp, anche uno dei due co-fondatori dell’applicazione di messaggistica ieri si è unito alla causa, andando contro Facebook in un tweet essenziale e disarmante: “It’s time. #DeleteFacebook”
It is time. #deletefacebook
— Brian Acton (@brianacton) 20 marzo 2018
Brian Acton adesso si sta interessando a Signal, l’app di messaggistica realmente privata che tiene al sicuro i dati degli utenti. Per quanto riguarda Facebook, verrà esaminato dalla Federal Trade Commission in merito all’utilizzo dei dati personali.
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