Una corte federale ha stabilito che l’FBI non deve svelare il nome del fornitore con cui ha collaborato o il prezzo che il governo ha pagato per sbloccare l’iPhone 5C del terrorista Syed Farook, autore della strage di San Bernardino nel dicembre 2015. Il dispositivo è stato il protagonista di una disputa legale, che ha visto Apple rifiutarsi di aiutare l’FBI a sviluppare una backdoor in iOS per ottenere informazioni sul terrorista e sua moglie.
Il Dipartimento di Giustizia inizialmente depositò una causa contro Apple per costringere quest’ultima a creare una particolare versione di iOS, una cosa che l’azienda di Cupertino rifiutò categoricamente, temendo ulteriori utilizzi di tale firmware e per la privacy degli utenti. Successivamente, il governo si accordò con un partner esterno che fornì all’FBI uno strumento per bypassare le misure di sicurezza dell’iPhone in questione. Tre agenzie di stampa – Associated Press, Vice News e USA Today – depositarono il Freedom of Information Act nel settembre 2016 affinché venissero rivelati i dettagli del metodo utilizzato.
Il giudice federale Tanya Chutkan ha citato i rischi per il fornitore nel caso in cui venissero rivelati i dettagli, poiché questo non può contare su difese da cyberattacchi come quelle dell’FBI e potrebbe dunque entrare nel mirino di organizzazioni indipendenti o finanziate da stati. «È logico e plausibile che il fornitore possa avere più difficoltà rispetto all’FBI nel proteggere le sue informazioni in caso di cyberattacco. La conclusione dell’FBI che il rendere noto il nome del fornitore al pubblico potrebbe mettere a rischio il suo sistema, e quindi informazioni cruciali circa la tecnologia, è più che ragionevole».
La corte ha inoltre respinto la richiesta per rendere noto il prezzo pagato dal governo USA per il tool, nonostante l’ex direttore dell’FBI James Comey e il Senatore Dianne Feinstein abbiano suggerito un prezzo intorno ad 1 milione di dollari.
Via | TheVerge
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