Con la recente ondata di nuovi utenti Apple ad ingrossare le fila di Mac OS X, una delle questioni che più spesso viene fuori è quella della scelta del miglior file system per l’inizializzazione (o formattazione per dirla alla Windows) delle pen drive, delle memorie e dei dischi esterni da condividere in ambienti misti. La problematica deriva dal fatto che solo uno dei tre principali file system usati nei due ambienti era nativamente leggibile e scrivibile sia da Win che da OS X: il FAT32.
Questo risale al 1996, più precisamente alla presentazione di Windows 95. La struttura è molto semplice ed ormai universalmente compatibile, ma presenta numerosi limiti. I più evidenti e conosciuti sono quelli di natura dimensionale delle unità e dei file. Inizialmente infatti non si potevano formattare con FAT32 volumi più grandi di 32GB. Si trattava però di un limite deciso a tavolino in un tempo in cui la misura del “TeraByte” era ancora lontana dall’essere udita dai più, per cui è stato successivamente oltrepassato. Rimane invece insuperabile il limite massimo di 4GB per i file, dal momento che deriva dalla struttura stessa del fs. Ma con il FAT32 ci si scontra con almeno altri 3 inconvenienti: il limite di 1000 file per cartella, l’eccessiva frammentazione e la mancanza del journaling.
In merito quest’ultimo punto può essere doverosa una spiegazione semplice semplice. Oltre ai dati nudi e crudi il fs memorizza anche una serie di metadati, fondamentali per il corretto funzionamento del disco. Il loro danneggiamento può addirittura renderlo illeggibile ed è per questo che a seguito di una brusca interruzione (dovuta all’alimentazione o un crash di sistema) in passato ci si trovava spesso nella necessità di dover eseguire utility come FsCheck. In un disco journaled invece, ogni operazione viene memorizzata in un diario. In questo modo anche dopo una interruzione il sistema può sapere in quale punto si è verificata ed agire di conseguenza per ripristinare automaticamente la struttura logica. Ecco perché Mac OS X a partire dalla versione 10.2.2 richiede HFS+. E per lo stesso motivo su Windows si usa l’NTFS (a partire da NT 3.1).
In Snow Leopard i dischi NTFS possono essere letti, ma non scritti. Al suo interno vi è però un supporto rudimentale alla scrittura che può essere abilitato con qualche hack, ma non è decisamente stabile. Tuttavia esistono utility di terze parti, come NTFS-3G, che aggiungono questa funzionalità (anche se non a livello di kernel). Su Windows vi sono applicazioni commerciali per l’accesso completo ai dischi HFS+ come lo storico MacDrive, ma ci si trova sempre con soluzioni non native e che richiedono un — seppur limitato — esborso di denaro.
Gli acquirenti degli ultimi modelli di iMac e Mac mini dotati di Snow Leopard 10.6.4 si sono però trovati una interessante novità, ora estesa a tutti con il rilascio dell’update 10.6.5. Mi riferisco all’opzione di inizializzazione dei dischi anche con ExFAT (altrimenti conosciuta come FAT64).
Questo fs non è journaled e per cui non è adatto ad ospitare il sistema operativo. Ma rappresenta una grande evoluzione rispetto alla FAT32 e si propone come ottima soluzione per lo storage condiviso Mac / PC. Il supporto su Windows 7 è nativo, ma c’è anche su XP da SP2 in poi e su Vista SP1 e successivi. Per cui avendo dei sistemi aggiornati inizializzare un disco con ExFAT lo renderà accessibile al 100% sia da OS X che da Windows, senza dover ricorrere ad utility di terze parti. Tra le principali migliorie della FAT a 64bit vi è il superamento del limite di 4GB (che passa a 16 Exabytes) e quello dei 1000 files per cartella, ma anche una migliore gestione dello spazio libero.
Per molti questa è la migliore caratteristica introdotta con Snow Leopard 10.6.5. E il bello è che non era neanche inserita nel changelog ufficiale.
Segnalo inoltre che vi è, seppure in versione beta, una implementazione indipendente ed open-source di ExFAT anche per Linux.
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