Qualche ora fa abbiamo pubblicato un articolo nel quale si parlava di iPhone e della possibilità che questo dispositivo venga bandito dall’Italia a causa del disegno di legge firmato da Stefano Quintarelli. L’articolo originale è stato scritto dal Corriere della Sera, ma anche da La Stampa ed altre testate sicuramente prestigiose e sicuramente più avvezze di noi alle notizie di tipo politico. Malauguratamente sono stati commessi degli scivoloni da questi giornali. L’interpretazione e la comprensione del disegno di legge non sono stati corretti e quindi anche noi abbiamo diffuso una notizia errata. I conti non ci tornavano e di conseguenza abbiamo voluto indagare di più sulla questione. Abbiamo contattato direttamente Stefano Quintarelli che ci ha prontamente risposto.
In realtà le cose stanno in maniera molto diversa.
Ecco quanto ci è stato riferito da Stefano Quintarelli:
La proposta di legge nasce nel 2014, ed è stata approvata alla Camera all’unanimità. Ha quindi ricevuto riscontro positivo dalla maggioranza del Governo, ha passato tutte le commissioni al Senato ed il mese scorso ne è stata disposta la trattazione in aula a Giugno. E’ inutile dire che il M5S sia maggiormente coinvolto rispetto ad altri perchè la proposta è piaciuta a tutti e questo lo si può leggere dal verbale.
La prima parte del disegno di legge disciplina la non discriminazione del traffico in rete. Qualcuno ritiene che non si dovrebbe intervenire con una norma nazionale quando c’e’ un regolamento UE (che nel percorso di iter della mia pdl e’ stato nel frattempo approvato ed e’ abbastanza notevole quanto i principi contenuti siano sovrapponibili), ma il Regolamento 2015/2120 prevede espressamente interventi del legislatore nazionale, come questo. Il Regolamento al considerando 7 recita: “Le autorità nazionali di regolamentazione e le altre autorità nazionali competenti dovrebbero essere autorizzate ad intervenire contro accordi o pratiche commerciali che, in virtù della loro portata, determinano situazioni in cui la scelta degli utenti finali è significativamente limitata nella pratica.”
Come è evidente dal tipo di apparato sanzionatorio presente nella mia PDL all’art. 6, l’unica conseguenza delle violazioni delle disposizioni li’ previste è proprio un intervento delle Autorità nazionali (AGCOM/AGCM) con un’istruttoria a tutela dell’utenza in situazioni come quelle descritte e, pertanto, non c’è alcuna sovrapposizione o violazione del diritto comunitario, né incertezza giuridica poiché risulta chiaro che il fine della norma nazionale è diverso e complementare a quello del Regolamento UE.
Peraltro, la Corte di Giustizia UE (sentenza 22/1977 causa 50/66 Amsterdam Bulb) ha stabilito l’illegittimità di una norma nazionale che riproduca disposizioni di un Regolamento UE, solamente laddove essa “nasconda agli amministrati la natura comunitaria di una norma giuridica e gli effetti che ne derivano”, cosa che evidentemente nella mia PDL non è, dato che il Regolamento 2015/2120 e’ espressamente richiamato ed avendo le Autorità competenze e poteri anche di applicazione del diritto comunitario.
Oltre alla non discriminazione del traffico, nella stessa proposta di legge si introduce una previsione di non discriminazione da parte delle piattaforme.
Questa vuole prevenire discriminazioni, ovvero che non possano essere esclusi soggetti dal mercato con comportamenti discriminatori. Se una cosa è discriminatoria o meno lo valuterà caso per caso l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato.
Perche’ scatti una sanzione devono essere presenti due situazioni in AND:
- Impossibilità di installare/disinstallare applicazioni
AND- danno ai consumatori
Se ciò accade, si applica il codice del consumo; in pratica, una strada più veloce ed economica per chiedere giustizia rispetto alla normale disciplina antitrust.
Riassumendo:
Questa legge ha l’unico scopo di prevedere una strada più veloce e meno costosa nel caso in cui si verifichino delle discriminazioni da sanzionare, a completa tutela dei consumatori. Non ha nulla a che vedere direttamente con Apple nè con prodotti al bando.
Letto in maniera decontestualizzata, quell’unico articolo 4 lascia comprendere che la legge voglia imporre l’apertura del software e la conseguente possibilità di caricare software da fonti alternative e di terze parti, cosa che Apple non vedrebbe di buon occhio. Ma in realtà Apple non ha niente da temere perchè si parla sostanzialmente di tre cose:
- I programmi devono essere veicolati tramite rete senza discriminazioni e a condizioni eque;
- Sui dispositivi deve esserci la possibilità di installare applicazioni (anche quelle concorrenziali) e disinstallare applicazioni (anche quelle native ma non fondamentali al funzionamento del sistema operativo). In questo caso Apple potrebbe avere problemi se vietasse l’installazione di Spotify per costringere i consumatori ad utilizzare Apple Music, cosa che però non avviene. Da iOS 10 inoltre, Apple permette di rimuovere le app native di sistema, quindi anche in questo caso non ci sono problemi.
- Danno ai consumatori: se vengono promesse delle funzioni che poi vengono successivamente bloccate per evitare la concorrenza
Semplificando ancora di più:
Il disegno di legge prevede che ci sia una sanzione solo se il fatto costituisce una pratica commerciale scorretta secondo il Codice del Consumo e la valutazione dell’eventuale illecito è di competenza dell’antitrust”.
Un produttore come Apple non verrebbe mai bandito dall’Italia ma potrebbe essere sanzionato nel caso in cui applicasse una politica che impedisca al consumatore di installare o utilizzare software, servizi o applicazioni per i quali il consumatore aveva acquistato il dispositivo, sulla base delle promesse di vendita. Se viene dimostrato che effettivamente un consumatore ha subito un danno economico scegliendo un dispositivo per fare una cosa che ragionevolmente avrebbe dovuto fare e che invece non fa, a causa di blocchi e limitazioni imposte dal produttore, l’Agcm può irrogare una sanzione fino a 5 milioni di euro senza passare per la lunga procedura prevista dall’UE, ma in maniera più veloce e diretta.
Quello che fa la legge, sostanzialmente, è la parte scritta in grassetto nella frase qui sopra.
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